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Big data: opportunità per le società, ma attenzione alla sicurezza

Siamo di fronte ad un nuovo approccio alle informazioni che, sfruttato bene, potrebbe incrementare la produttività di un’azienda nell’era digitale. È quello dei cosiddetti “Big Data”, un termine usato per descrivere un insieme ampio di dati e di informazioni, sia complesse che tradizionali, trattate dalle imprese attraverso l’uso di apposite applicazioni.

Colin & PartnersBig Data, da dove provengono.

Le operazioni effettuabili sui dati sono infinite, si pensi alla raccolta, alla ricerca, alla valutazione, alla visualizzazione, al trasferimento, alla comunicazione, all’eliminazione, etc. Tutte operazioni che, se correttamente effettuate, permetterebbero l’estrazione dalle informazioni, eventualmente anche già in proprio possesso, di quel valore aggiunto che potrebbe portare una società a prendere decisioni più sicure e/o migliori. Il risultato sarebbe quello di una maggiore efficienza operativa, con notevole riduzione dei costi, oltre alla riduzione del rischio.

Innumerevoli i dati che oggi possono essere raccolti, anche a basso costo. Si pensi alle informazioni rilevate e ottenute dai dispositivi mobili, dalle telecamere, dai lettori wireless. Secondo una ricerca, a partire dal 2012, ogni giorno vengono creati 2,5 exabyte (2,5 × 1018) di dati, un’immensità di informazioni che costituiscono una risorsa molto preziosa per le aziende.

Opportunità da cogliere anche in Italia

I Big Data sono un’opportunità notevole, ma ancora il mondo italiano non se n’è reso conto. Sono poche infatti le aziende che si avvicinano al settore, da un lato per pigrizia, dall’altro perché comunque si sentono frenate dagli innumerevoli rischi nei quali possono incorrere nell’uso dei dati e delle informazioni. Secondo uno studio dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School Management del Politecnico di Milano, nel 2015, il mercato degli Analytics in Italia è cresciuto del 14%, raggiungendo un valore complessivo di 790 milioni di euro. Il valore si compone per l’84% di Business Intelligence e per il 16% di Big Data; in particolare, analizzando il mercato degli Analytics per settore, lo stesso è diffuso per il 29% dei casi nelle banche e nel 21% nell’industria, seguiti da telco e media (14%), PA e sanità (9%), altri servizi (8%), GDO (8%), utility (6%), assicurazioni (5%).

Secondo lo studio, nel 2016, i Big Data Analytics saranno la principale priorità̀ di investimento (44%) per i Chief Information Officer italiani, conseguentemente anche le competenze per la gestione delle informazioni saranno ricercate. Finalmente le società italiane hanno (forse) compreso l’importanza di utilizzare queste preziose informazioni, ma il cammino è ancora lungo. Secondo l’Osservatorio solo il 4% degli intervistati non conosce i Big data o lo ritiene un termine vuoto, il restante 96% lo reputa un trend rilevante da comprendere ed far evolvere nel proprio modello di impresa. Tuttavia, il 68% ammette che non ne vengono ancora completamente colte le forti potenzialità e il 31% che rappresentano un supporto importante.

Spiccano da un lato nuove professioni legate al tema dei big data, come il Chief Data Officer, che si occupa della gestione e della valorizzazione dei dati in qualità di membro dell’executive management team, ed il Data Scientist in grado di estrarre informazioni dai dati, mentre dall’altro lato si evolvono gli strumenti in grado di valorizzare le informazioni stesse.

Nello scenario attuale, le aziende sono in possesso di innumerevoli dati ponendo continuamente il cliente al centro dell’attenzione, con l’intenzione di conoscerne in dettaglio le esigenze al fine di rispondere, in maniera sempre più veloce alle sue richieste. Il risultato è un impatto importante sulle operazioni interne alla società con l’obiettivo di eliminare informazioni non necessarie o inutili e l’uso di strumenti in grado di permettere alla stessa di proporre al cliente mezzi per trovare esattamente ciò che cerca. Ergo, le aziende che riusciranno ad adottare strumenti capace di leggere e decifrare i Big Data avranno la possibilità di anticipare la concorrenza e velocizzare i propri processi decisionali.

Privacy e sicurezza, la sfida

Tuttavia, quando si parla i Big Data occorre prendere in considerazione anche la sicurezza delle informazioni trattate e da trattare. Nell’era attuale dell’Interntet of Things, la privacy e la fiducia su come i dati e le informazioni possano essere utilizzate, rappresenta la maggior preoccupazione. La sfida da cogliere per le aziende è quella di implementare varie tecnologie di sicurezza, incluse le autenticazioni delle connessioni remote con la protezione da malware e botnet e sicurezza delle applicazioni, anche nel cloud. Il Regolamento Europeo sulla Data Protection non farà certo sconti in tal senso, investire in questa direzione costituisce un passo necessario per uno sviluppo business sostenibile.

Emerge la necessità di un ecosistema che permetta di organizzare l’esigenza delle imprese di gestire un mix di dati, tecnologie e sicurezza. L’azienda quindi dovrà:

Analizzare i rischi specifici dell’azienda per impostare una propria strategia di gestione degli stessi ed individuare apposite soluzioni di security da applicare.
Individuare le operazioni necessarie per mappare, indicizzare e condividere i big data utili.
Individuare appositi audit utili ad identificare i correttivi da apportare.
Stare sempre al passo con le tecnologie IT, in trasformazione continua.
È in continua evoluzione, quindi, la ricerca da parte delle aziende di soluzioni in grado di garantire risultati reali derivanti dall’analisi delle informazioni acquisite e acquisibili, ma anche l’uso di programmi che migliorino e semplifichino i processi, basandosi sull’utilizzo integrato di Internet of Things e sicurezza.

Per concludere, il consiglio primario è quello di formare il proprio personale interno o di appoggiarsi a risorse interne con competenze specifiche o consulenti esterni specializzati nel settore della sicurezza, in quanto il rischio è estremamente alto.

[Fonte: Dott.ssa Anna Veltri]